Tuesday, April 7, 2015
Deutsche Sprache, schwere Sprache
Ma soprattutto per i principianti: non fatevi prendere dal panico e non demordete!
Segnalo quanto segue tratto dal sito: http://berlinocacioepepemagazine.com/lingua-tedesca/
Partiamo da un presupposto base, che all’orecchio di molti suonerà come un assunto dall’ovvietà lapalissiana e all’atto pratico di scarsa utilità: il tedesco è una lingua difficile. Avvincente, misteriosa e foriera di enormi soddisfazioni se affrontata con l’audacia e la meraviglia del primo esploratore alla volta di un antico tempio khmer. Ma notoriamente, irrimediabilmente e maledettamente complicata. Per loro stessa ammissione, i tedeschi amano ripetere spesso con una punta di autocompiacimento “Deutsche Sprache, schwere Sprache” (“lingua tedesca, lingua difficile”), alludendo alle sfide e alle idiosincrasie che una delle madrelingue più parlate dell’Unione Europea pone. Non ad un parlante tedesco, ça va sans dire, che quasi certamente avrà imparato a compitare in scioltezza “Überraschung” ancor prima della parola “mamma”. Il problema si presenta quando uno straniero, provvisto di una dose più o meno cospicua di buona volontà, si accosta alla complessità arcana e spesso indecifrabile di quest’idioma – un idioma per alcuni aspetti estremamente logico, schematico e intuitivo, per altri oltremodo oscuro e deterrente.
Forse ciò è dovuto al fatto che il tedesco, come altre lingue indoeuropee, presenta nel suo sistema tratti sia flessivi che agglutinanti. Che non sono morbi incurabili o strane intolleranze alimentari, ma grandi contenitori in cui per comodità di elencazione sono state classificate le lingue a seconda dei fenomeni morfologici che nel tempo hanno portato alla formazione delle parole. La difficoltà nell’apprendimento del tedesco sta appunto nel fatto che per certi versi è una lingua che tende a flettere (i casi grammaticali e la declinazione di sostantivi e aggettivi ne sono un chiaro esempio), per altri a condensare (vedi vocaboli di lunghezza spropositata, formati dall’aggiunta di prefissi e suffissi a una radice lessicale o verbale). Se a questo sommiamo la poca immediatezza nell’individuazione del genere, il fatto che il verbo coniugato o il participio – quindi la chiave di tutto – siano posizionati molto spesso dopo una selva di complementi e alla fine di una frase chilometrica, la presenza di un ausiliare ostico e multifunzione come werden e l’uso di almeno cinque meccanismi diversi per la formazione del plurale dei nomi… beh, non c’è da sorprendersi se la reazione del principiante sarà quella del panico più assoluto.
Non disperate, e soprattutto non demordete, se al ristorante vi si presentano tre oggetti associabili a tre generi grammaticali diversi sullo stesso desco e nello spazio di pochi centimetri quadrati: der Löffel (il cucchiaio, maschile), das Messer (il coltello, neutro) e die Gabel (la forchetta, femminile). Il primo istinto sarà presumibilmente quello di ribaltare la tavola, apostrofare il cameriere emettendo suoni disarticolati e fuggire a gambe levate, il più lontano possibile da tanta confusione linguistica. Ma non è certo con la fuga che verrete a capo del problema. Se desiderate davvero sentirvi padroni del vostro destino e delle vostre future comunicazioni in terra teutonica, basterà semplicemente migliorare l’approccio ad una lingua che poi tanto cattiva non è, perché il più delle volte la disegnano così. Quindi bando allo smarrimento, aspiranti tedescofoni, e tenete bene a mente che:
- Non c’è alcun ostacolo che uno studio costante non possa valicare
Studiare, studiare e ancora studiare. Chiunque sia arrivato a Berlino, o più in generale in Germania, portando con sé dall’Italia un repertorio linguistico limitato a guten Morgen, Dankeschön e a qualche vaga reminiscenza della conferenza stampa di Trapattoni a Monaco di Baviera, farebbe meglio a cercare al più presto una scuola o un metodo valido per accostarsi seriamente a questa lingua. In Germania esiste una classificazione dei livelli di apprendimento (basata sul quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue) che parte dall’A1, il gradino base, e arriva al C2, il livello più alto, quello che presuppone una padronanza eccellente della lingua. Il raggiungimento di ogni livello implica la frequenza di due moduli intermedi: il livello A1, ad esempio, è conseguito con la frequenza dell’A1.1 e dell’A1.2. Ebbene, uno studio costante della lingua sottintende che a 100 ore di lezione frontale previste per ogni modulo se ne affianchino almeno altrettante di studio individuale, con il consiglio poco opinabile di apprendere e memorizzare contestualizzando per lo meno dieci parole nuove al giorno; il che porta a concludere, se la matematica non è un’opinione, che per raggiungere un livello linguistico discreto quale può considerarsi il B1 bisogna dedicare allo studio della lingua almeno 1.200 ore di sudore e lacrime. Non c’è altra via, è l’unico investimento possibile per ottenere risultati soddisfacenti. Un popolarissimo ma improbabile motto recita che la vita è troppo breve per imparare il tedesco. Io sono più propensa a credere che siano proprio quelli convinti di potersela cavare senza studiare il tedesco ad avere vita breve in Germania.
- L’ortografia e la pronuncia del tedesco sono piuttosto intuitive
A differenza di lingue come il francese e l’inglese, e a parte pochi fonemi e dittonghi facilmente memorizzabili, il tedesco si legge come si scrive. E questo facilita la pronuncia e un’ortografia corretta. Quando i costrutti vi sembreranno troppo difficili e la declinazione dell’aggettivo mi metterà a dura prova, potrete sempre rinfrancare la vostra autostima sulla base dei progressi fatti a livello fonetico. Sarà la prima conquista – quella più facilmente arrivabile – nella vostra scalata al leggendario colosso teutonico, e vi sosterrà nei momenti di sconforto più nero. Tra questi senza dubbio le prime, tragiche conversazioni telefoniche in tedesco, argomento che meriterebbe un post apposito e che senza dubbio ci capiterà di affrontare in seguito.
- I tempi verbali presentano un uso molto più semplificato delle lingue romanze
In tedesco è assolutamente normale usare il tempo presente per esprimere un’azione futura, tant’è che una frase come “Domani vado a teatro” è un enunciato grammaticalmente corretto e accettato anche nell’uso scritto. Inoltre, in gran parte della Germania ma tendenzialmente a sud del cosiddetto Weißwurstäquator (l’immaginario equatore della salsiccia bianca segnato a grandi linee dal tracciato del Danubio), il 99% dei parlanti predilige all’uso del Präteritum/passato remoto quello del Perfekt/passato prossimo, di più facile memorizzazione. Provate a fare un confronto con l’interminabile sequela dei tempi verbali dell’italiano, del francese e dello spagnolo, e poi ne possiamo riparlare.
- La logica c’è e si vede
Tutti i sostantivi tedeschi si scrivono con la lettera maiuscola: persino Mark Twain, nel suo dissacrante attacco alle astrusità della lingua tedesca, fu costretto ad ammettere che si trattava di una buona idea. Nel tedesco esiste una logica ferrea e stringente; una volta memorizzati i prefissi dei verbi, per lo meno nel 60% delle occorrenze, sarà incredibilmente facile intuirne il significato. Quando assimilerete generi e casi, state certi che apprezzerete quasi con commozione la concretezza e la pragmaticità di questa lingua. La leggenda vuole che il vecchio (e piuttosto ingiusto) stereotipo dei tedeschi privi di senso dell’umorismo nasca proprio dall’esasperata precisione della lingua tedesca, la quale non incoraggia i doppi sensi così popolari nello humour inglese. Ma volete forse negare la trascinante ilarità di un’espressione diretta e inequivocabile come “das kannst du deiner Oma erzählen” ovvero “Vallo a raccontare a tua nonna”? I tedeschi non hanno bisogno di sottili allusioni: vanno dritti al punto.
- Giocare con le parole e i neologismi
La tendenza all’agglutinamento di cui parlavamo poc’anzi (che è anche la causa primaria degli attacchi di panico registrati in terra tedesca, soprattutto fra parlanti stranieri, davanti a paroline innocue come Elektrizitätswirtschaftsorganisationsgesetz) può diventare un’arma da sfruttare a vostro vantaggio. Non lasciatevi intimorire dal numero di lettere! Se proprio volete applicare un approccio aritmetico alla lingua, dividete la lunga parola composta nelle sue singole componenti, sommatene i rispettivi significati fino ad ottenere quello complessivo e globale, sottraete l’ansia e moltiplicate la soddisfazione di aver inteso senza troppo sforzo il senso veicolato da quarantatré lettere all’apparenza inavvicinabili. Senza contare che, qualora le vostre limitate conoscenze del tedesco vi impedissero di esprimere compiutamente un concetto, potrete sempre coniare un nuovo composto senza essere trattati da sciroccati, ma al contrario osannati come grandi innovatori e originali sperimentatori della lingua.
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