Tratto da
www.lagazzettadelmezzogiorno.it
Vino Salento «Mafiozo»
«La Svezia ci offende»
«Cambieremo nome»
«La Svezia ci offende»
«Cambieremo nome»
BARI - Contraffazioni del made in Italy. Ora ci si
mette anche la civilissima Svezia. Con un’operazione commerciale quantomeno
discutibile, l’azienda Concealed wine ha fatto arrivare sugli scaffali
bottiglie di vino con, sull’etichetta, la foto del gangster Lucky Luciano e la
tutt’altro che metaforica scritta «Mafiozo». Un vino che, nelle intenzioni di
chi lo vende, avrebbe dovuto attirare curiosità e che invece ha scatenato solo
le proteste del governo regionale della Puglia. E sì perché «Mafiozo» è stato
offerto con un marchio di qualità, Igp (Indicazione geografica protetta) da
vitigno del Salento. La querelle, durata qualche giorno, sarebbe già conclusa.
L’azienda svedese, scusandosi, avrebbe manifestato l’intenzione di cambiare
subito nome a «Mafiozo».
Ieri si era levata la protesta da Bari. L’assessore
alle Risorse agroalimentari, Fabrizio Nardoni, aveva obiettato in una nota
scritta: «Mentre la Puglia chiede e ottiene il riconoscimento internazionale
dei suoi prodotti di qualità (vedi il marchio Prodotti di qualità Puglia -
marchio di qualità collettivo comunitario con indicazione di origine che
garantisce la qualità e l'origine del prodotto, ndr) c’è chi pensa ancora di
poter sfruttare il “Puglia sounding” e più in generale il riferimento
all’Italia del malaffare per farsi un po’ di volgare pubblicità ai danni di un
comparto che invece da tempo è sinonimo di grande correttezza, sviluppo e
modernità».
A svelare la «magagna» un archeologo italiano, Rossano
Cherubini, che aveva rivolto le sue lamentele a un sito d’informazione
norvegese, il «The local». L’«incidente diplomatico» Puglia-Svezia è seguito
ormai da qualche giorno anche dagli uffici dell ministero alle Politiche
agricole ed è stato successivamente posto all’attenzione dell’ambasciatore
d’Italia in Svezia, Elena Basile.
«Ho ritenuto opportuno avvertire il nostro ministro
plenipotenziario in Svezia - spiega ancora Nardoni - perché questa operazione
di marketing di bassa lega ferisce più di una volta il comparto vitivinicolo
italiano e salentino in particolare. E non è solo l’accostamento inaccettabile
e deplorevole di personaggi e fenomeni criminali alle produzioni nazionali di
qualità ad offenderci - scrive Nardoni - ma anche l’ennesimo svilente episodio
di agro pirateria compiuto ai danni di una filiera produttiva, quella
enologica, per la quale l’Italia e la Puglia lavorano da anni in nome della
qualità, della sicurezza e della tracciabilità».
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